Il discorso al Senato del Presidente del Consiglio Mario Draghi del 17 febbraio 2021 rappresenta una chiara presa di posizione sulla questione essenziale di uguaglianza, benessere e diritti che riguarda la metà del Paese. Questa la parità secondo il Presidente: «Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi. Intendiamo lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro.
Garantire parità di condizioni competitive significa anche assicurarsi che tutti abbiano eguale accesso alla formazione di quelle competenze chiave che sempre più permetteranno di fare carriera: digitali, tecnologiche e ambientali. Intendiamo quindi investire, economicamente ma soprattutto culturalmente, perché sempre più giovani donne scelgano di formarsi negli ambiti su cui intendiamo rilanciare il Paese. Solo in questo modo riusciremo a garantire che le migliori risorse siano coinvolte nello sviluppo del Paese».
Occupati 2020
Osservando la situazione occupazionale disegnata dai recenti dati ISTAT relativi al 2020, siamo infatti inesorabilmente condotti ad ammettere un’evidente differenza di genere: dei 444mila occupati che hanno perso il lavoro, ben 312mila sono donne. Cosa rende il lavoro delle donne più fragile e precario rispetto a quello maschile? La maggior contrazione del lavoro femminile si è registrata nell’occupazione a tempo determinato (-22,7%), nel lavoro autonomo (-5,1%), nelle forme di part-time (-7,4%) e nel settore dei servizi, soprattutto ricettivi e ristorativi dove le donne rappresentano il 50,6% del totale. Da ultimo il settore della assistenza domestica, nel quale 88,6% è rappresentato da donne. L’importante presenza femminile in molte aree particolarmente colpite dalle limitazioni dell’anno pandemico e per le quali non è possibile svolgere Smart working, non è però sufficiente a giustificare l’incremento di donne inattive: +8,5% rispetto al 2019. Secondo i dati Eurostat 2019, il motivo per cui il 15,2% delle donne italiane disoccupate non lavora, è la cura dei figli o di parenti anziani e rappresenta la percentuale più alta dei paesi dell’Unione Europea, che si attesta su una media del 9%. Rimanendo nel perimetro Ue, la disparità di genere è visibile oltre che dai dati occupazionali, anche dai ruoli e dalle retribuzioni. Nel 2019 solo il 33% dei manager erano donne e nessuno degli Stati ha superato la soglia del 50% (Italia 28%). Considerando la retribuzione lorda oraria annua, nel 2018 le donne hanno guadagnato il 14,8% in meno degli uomini e parte delle differenze di questo divario retributivo si può spiegare con variazioni relative a competenze ed esperienze acquisite, istruzione e appartenenza a settori meglio o peggio retribuiti. Ci sono quindi svariati aspetti culturali e sociali che vanno oltre la mera questione di uguale retribuzione per uguale lavoro.
Per cogliere lo sguardo sul tema “donne e lavoro” di chi ha costruito una grande professionalità e un ruolo sfidante, incontriamo Claudia, milanese, ingegnere nucleare di 52 anni. Claudia è il Site Manager e responsabile del funzionamento degli impianti dei siti di Agrate Brianza e di Cornaredo (provincia di Milano) di STMicroelectronics, azienda globale nel campo della microelettronica, ed è mamma di Viola, una bimba di 11 anni.
Donne e carriera: quali sfide e quali opportunità?
La mia sarà forse una voce fuori dal coro, ma ritengo che la grande sfida per noi donne sia con noi stesse. Spesso siamo proprio noi stesse il nostro limite, ritagliandoci un ruolo lavorativo del quale ci accontentiamo perché “è normale che sia così”. Dopo il liceo classico, scuola che ho profondamente amato, mi sono iscritta a ingegneria nucleare, una decisione improvvisa, direi quasi un colpo di fulmine. Dopo la laurea ho iniziato a lavorare e la mia esperienza è che famiglia e lavoro non sono e non devono essere in competizione e che fortunatamente ci sono aziende che garantiscono la giusta flessibilità per conciliare le esigenze di entrambi. Mia figlia Viola ha 11 anni ed è nata quando già ricoprivo un ruolo manageriale che la mia azienda non solo ha preservato ma ha anche esteso dopo la sua nascita. L’impegno è tanto ma la gratificazione è grandissima e per questo mi piace dire alle ragazze giovani di non pensare mai che si debba fare una scelta tra lavoro e famiglia e non permettere a nessuno, soprattutto a se stesse, di imporre tale scelta.
La rivoluzione “Gentile e Determinata” delle donne nel mondo del lavoro: come viene percepita?
La vera rivoluzione sarà quando non ci sorprenderemo più nel vedere una donna che ricopre un ruolo manageriale, quando il mondo del lavoro non percepirà differenza tra un manager donna e un manager uomo. Non mi sento a mio agio quando si parla di “quote rosa”, la maggiore competenza, preparazione e capacità deve essere premiata indipendentemente dal fatto che appartenga ad una donna o ad un uomo. Noi, la società, le aziende abbiamo il compito di creare i presupposti perché le donne possano staccare il piede dal blocco di partenza nello stesso istante e con lo stesso equipaggiamento dei colleghi uomini.
Cosa porta in più la leadership femminile?
Se ancora si differenzia una leadership maschile da una femminile significa che non abbiamo centrato l’obiettivo di selezionare le persone più competenti e indicate per un determinato ruolo indipendentemente dal sesso. È sempre difficile generalizzare, ogni persona ha il proprio carattere, attitudine e approccio; la mia esperienza personale però è che molto spesso i manager donna con le quali ho avuto la fortuna di collaborare sono più disponibili all’ascolto, al confronto “senza drammi” e sono spesso maggiormente empatiche, doti oggi molto apprezzate perché difficili da trovare.
Parità e disparità di genere nel 2021. Perché in questa data è ancora importante mettere la questione sotto i riflettori?
Perché sopravvivono ancora molti stereotipi che condizionano la libertà delle ragazze di immaginarsi e sognarsi in qualunque lavoro, ruolo e posizione, perché sappiamo che c’è ancora parecchia strada da percorrere anche per garantire adeguati servizi a supporto delle famiglie con figli e anche perché l’uguaglianza retributiva deve diventare un diritto.
Le proposte per ampliare il tasso di partecipazione femminile al mondo del lavoro potrebbero capitalizzarsi attorno ai benefici di intraprendere percorsi universitari volti alla tecnologia e all’innovazione; quali suggerimenti dare alle ragazze della generazione Z?
Molte aziende, come ad esempio quella dove io lavoro, sono impegnate da anni nella divulgazione tra i ragazzi giovani delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics ) che garantiscono accesso a moltissime professioni diverse e a quelle più richieste nel prossimo futuro. È un invito rivolto a tutti, ma crediamo e ci auguriamo di poter appassionare le ragazze alle materie scientifiche e tecnologiche, incoraggiandole a intraprendere percorsi universitari in questi ambiti, anche attraverso i racconti coinvolgenti e convincenti di molte colleghe che hanno brillantemente conciliato la famiglia con una carriera lavorativa appagante.
Di Laura Maggioni.